17 novembre 2010

Dodici anni (e una stagione)

(Grazie a Jon per la foto)




Ci sono giorni che il tempo ti dice chi sei. Che il vento spara e uccide anche sotto gli ombrelli e le giacche imbottite. Siamo i “grande fratello” e le “buona domenica”, e le marcuzzi e le ventura. Erano il fumo nella stanza, il conservante nella mela. Li abbiamo respirati, assaggiati, bevuti e ora… ora…

Siamo deboli!
Siamo deboli!

E addio i piero angela, che anche se fossero, i reclam li avrebbero già assassinati. La verità è che si sta bene, che lo si sta troppo. Si fantastica sul vento e sulla pioggia, e se al tempo freghi qualcosa se tutto va, qua sotto. Si fa presto a inventarsi un malessere: mandano l’accertamento, ma quando mai? Il buon funzionamento sta diventando questione di onestà, forse è questo che tocca. Pioveva sui campi e sulle braccia, piove sulle industrie e sui tetti, pioverà sulle cyber-vie o chissacosa. Al tempo non importa: lui piove e basta.

Così sia:
fregarsene e via.

Faticare il minimo per sopravvivere, e inseguire la felicità. Trovare una casa sull’oceano e guardare le onde arrivare. Abbracciati per ore a una finestra di nuvole-asfalto, che l’acqua schiuma e il sole è giusto per il giallo-su-grigio da quadro surreale. Che anche se sei piccolo, ti stringi forte e dici.
«I love you.»

Le cicale aspettano dodici anni sotto terra. Chiuse in un bozzo, con la sola prospettiva di trovarsi un’uscita, vivere una stagione, continuare la specie, morire. C'è tanta di quella meraviglia al mondo da voler uscire, alzarsi, gridare...

ma come possiamo
essere infelici?

9 commenti:

giorgio ha detto...

"La voglio vivere tutta la vita, anche se dovesse fare un male da morire" (citato a memoria da Oceano Mare di Baricco).
Complimenti veri per il blog. Vorrei dire un blog d'autore, o un blog d'essai.
Giorgio

Bongio ha detto...

Che bel cassettino, che mi hai aperto... Ho pensato e scritto inconsciamente (come posso non aver cliccato sull'hyperlink-mentale di Oceano Mare?). E ora chissà, chi l'avrà detta: parrebbe qualcosa alla Bartleboom o alla Plasson... Conosco gente che potrebbe arrabbiarsi, a un dubbio del genere.

PS: onorato di averti qui, ho trovato davvero tanta sostanza nel tuo blog (come dire, un oggettino dal peso specifico non trascurabile..)

giorgio ha detto...

"Volevo dire che io la voglio, la vita, farei qualsiasi cosa per poter averla, tutta quella che c'è, tanta da impazzirne, non importa, posso anche impazzire ma la vita quella non voglio perdermela, io la voglio, davvero, dovesse anche fare un male da morire è vivere che voglio. Ce la farò, vero? Vero che ce la farò?"

Elisewin, pag. 28.

rossibenedetto ha detto...

molto "picassesco" come testo, se così posso dire, forse perché al significato si giunge per indizi?

eh, vecchio mio, rispondendo alla domanda finale... è possibile. perché un conto è la vita, e un altro conto sono i recinti che ci costruiamo ed entro i quali decidiamo di vivere o più semplicemente ci ritroviamo a vivere. e come dietro allo stesso recinto ci sono pecore con pecore o cavalli con cavalli, i recinti che delimitano l'uomo rinuciatario non possono che contenere tutto ciò che può sigificare vivere da rinuciatari, per esempio. E' facile che succeda, e non per autolesionismo.

"ho visto uomini arrendersi / in balia di se stessi, abbandonarsi / uomini miseramente persi / senza più voglia di ritrovarsi.

l'inerzia di vivere può uccidere: non lasciamoci risucchiare dalle centrifughe della realtà."

avvelenato82 ha detto...

Che ti amo è cosa risaputa. Questo è uno dei tuoi più bei post di sempre, secondo me. E le cicale concorrono alla grandissima, sono il viagra del post.

Scritto e pensato da dieci, secondo me. Però perché lo leggi così? Secondo me lo rovini. Troppa enfasi in tutto, sembri quasi un profetico incazzoso, non saprei.
Dovresti essere più benignesco o più americanbeautiesco. No? :-)

Annalisa ha detto...

Ma è così bello...

Bongio ha detto...

Ahahah!! Ma lo sai, vecchio mio, che la stessa identica cosa me l'ha detta V? Vi siete messi d'accordo, per caso?? Comunque sì, non posso che darvi ragione: probabilmente il tono è troppo impegnato per uno scritto che ha come scopo primario quello della speranza. Nella tempesta, certo, ma pur sempre speranza. E invece mi è uscito così, che posso dirvi? sarà come quando si imbottiglia e fuori tira il vento.

Napalm ha detto...

L'intestazione del tuo blog mi rende chiara l'idea che forse è ciò che cercavo e di cui ho più bisogno ora, perciò ti seguirò con piacere! Ti faccio i complimenti intanto oltre che per i post, per le foto bellissime che hai pubblicato! A presto.

Bongio ha detto...

Grazie mille, sei molto gentile! Allora benvenuto, spero di mantenere fede ai punti saldi del sottotitolo e che questo spazio rimanga un'occasione per passare qualche minuto piacevole. A presto! Giorgio.

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