10 aprile 2010

La vera crisi è un'altra


C'è paura, la sento. Di quelle paure che ti prendono quando arriva il temporale, che il sole scompare e sopra già tuona. C'è la paura di chi vede la crisi, e di chi che la crisi non la vedrà finire. Perché la crisi è già intorno, la crisi ti avvolge e ti intossica. La crisi è arroganza e falsità. E' la gente che ti sorride e poi ti pugnala, sono famiglie sfilacciate e tenute assieme per pietà. Vedo odio, nel domani. Vedo l'indifferenza di chi non ti considera perché vendi accendini. Vedo un mondo soffocato dalla tecnologia, dove tutto sarebbe alla portata e invece ce ne si fotte della cultura (i navigatori giravano i mari con le stelle, qui senza luce si blocca tutto).

C'è che c'era più carta, una volta, o forse più voglia di inchiostrarla. C'è che siamo assuefatti, che abbiamo perso la cordialità del dialogare e non ci accorgiamo che arriva la primavera. Che le rondini tornano e le gemme si gonfiano. E il viale si svuota. Nonostante la sera bella, nonostante la città lontana e il sigaro che profuma di buone riflessioni. Penso all'umiltà del dopoguerra e alla strafottenza a cui siamo arrivati. Non c'è più voglia di capire, uno sbaglio e sei fuori. Non c'è più dignità di invecchiare, un lifting e muori giovane. Assisto mio malgrado a una paurosa svalutazione dei sentimenti, al pericolo di una perdita di quella umanità che per tanto ci ha reso diversi, forse migliori. Credo poco nel futuro: servirà più di una buona notizia per farmi sorridere, e più di un amore per farmi innamorare. Ho da tempo superato la soglia della disillusione.

Eppure la gente fa ancora figli.

23 commenti:

Fania ha detto...

Bongio...è splendida...

patty ha detto...

ahaha sei troppo simpatico grazie per la spiegazione

avvelenato ha detto...

Sembrerà strano, eppure la mitica Rete che tutto fornisce, non tiene traccia di una delle più belle poesie mai scritte. Si chiama "riflessi Kodak" ed è di Piero Illari, uno strambo poeta un po' argentino e un po' parmense. In questa poesia, tutto pervaso dai primi sentori di futurismo, Illari si lancia contro il sole, con un "quarello" e consiglia le veementi azioni del suo movimento poetico. Alla fine si potrà anche morire, si dice, ma prima, ed è a questo che voglio agganciarmi, fare un figlio dagli occhi celesti.

Ieri sera di scorcio vedevo un film sulla guerra in Iraq, quel film che ha vinto sei Oscar, e verso la fine un soldato dice di aver paura di morire, e subito dopo precisa "non ho nemmeno un figlio". Mio nonno a suo tempo è scappato a piedi dal campo di concentramento in Germania. C'ha messo quel che c'ha messo per arrivare fino a Morfasso. E la prima cosa che ha fatto, quando è arrivato qui, dopo aver mangiato ed essersi riposato un attimo, è stato mio papà. Per cui credo proprio che è quando stai per morire, che ti viene voglia di fare dei figli. Che almeno loro ci saranno e chissà che non saranno capaci di fare quello che a noi è parso così difficile e lontano.

Buona strada!

Bongio ha detto...

Mi pare inevitabile che siamo amici. Non vedo come potrebbe essere altrimenti, giacché pensiamo le stesse cose, e perdipiù negli stessi momenti. Pensavo a quel castagno. Pensavo a come in punto di morte avesse trovato lo slancio per tinteggiare il bosco di castagnini. E' vero, la rete si è mangiata la poesia di Illari, l'ho cercata per una mezzoretta e non ne ho trovata traccia. In compenso però ho scoperto "Rotaie", l'hai mai sentita? A me pare tanta robina.

Ma per davvero, davvero è successo così? Quella cosa di tuo nonno, della fuga dal campo e del ritorno a Morfasso? Ma tu mica me l'avevi mai detta! E' qualcosa di quelle che vedi nei film, di quelle che quasi non ci crederei se non fossi tu. Ricordami di chiederti di raccontarmela, ok? Mi pare qualcosa di davvero interessante.

avvelenato82 ha detto...

Eh sì. In effetti anche a me, fin da quando l'ho saputa a qualche anno d'età, mi è parsa subito una cosa stupenda. Del resto non ci si scappa: mio padre è nato nel gennaio del '46. Primo genito. La voglia di mettere un punto fermo in una vita piena di insidie e di "chissà se arrivo a domani". Un modo per dire "oh, almeno fin qui ci sono arrivato".

Credo la natura parli poi un po' lo stesso linguaggio dappertutto. E per fortuna quel giorno a vedere i castagnini c'ero anch'io. Lascia stare che poi gli altri se ne stessero con i birrozzi in mano a far finta di fare i grandi. Lascia stare. Quei castagnini parlano in fondo di campi di concentramento e di desideri di mettere punti fermi.

Go on, sei davvero sulla buona strada.

Single a trent'anni ha detto...

C'è una aridità emotiva galoppante, la crisi è veramente quello. L'egoismo imperante, la scarsa voglia di impegnarsi, la PAURA.

Paura come causa, paura come effetto: un feedback negativo.

Ma noi ce la faremo.

sa30a


(ma anche no)

rossibenedetto ha detto...

Ci è stata regalata e questo è il ringraziamento.

Gli alberi sono talmente attaccati alla vita che vivono a rallentatore.

Bongio ha detto...

Bella quella cosa degli alberi. Non sono invece sicuro di aver capito l'osservazione, se di osservazione si tratta: intendi che nonostante la vita sia meravigliosa c'è chi trova comunque il modo di renderla triste, ingestibile e via dicendo?

rossibenedetto ha detto...

Sono dell'idea che non La onoriamo quanto dovremmo...
La tua riflesione mi ha suggerito l'appunto esistenziale che ho riportato.

Grandi Sebastian e Falcor... personaggi di un film che è per intero la rappresentazione scenica di una splendida metafora.

Angela ha detto...

Superata la soglia della disillusione, cosa c'è? Io sono arrivata ad una sorta di dolorosa rassegnazione. Quanta strada a ritroso devo fare per smettere di desiderare quel figlio che non posso mettere al mondo?

Angela ha detto...

(Ho sbirciato i commenti più su: la storia del nonno fuggito dal lager, piacerebbe sentirla anche a me)

Bongio ha detto...

Hai ragione, Benni, è un film meraviglioso. L'idea del Nulla come materializzazione dell'aridità umana, e il desiderio di combattere perché questo non avvenga è qualcosa che gli fa superare i confini dei suoi anni. E' una di quelle magie che riesce solo alle cose più belle.

Bongio ha detto...

Che cosa triste che mi dici, Angela. Gente come te meriterebbe di conservare la speranza solo per poter regalare al mondo qualcuno di suo simile. La disillusione è per me l'accettazione della cattiveria e della superficialità. E' una scelta di non adeguarmi, di vivere la mia strada senza chiedere. E' la dignità di poter camminare per conto mio, di cavarmela senza aiuti. Di sapere trasformare la vita da sconfitta a stimolo. Rivivisci, coraggio. Lo meriti.

Single a trent'anni ha detto...

Angela, la delicatezza della tua situazione impone frasi non banali, ma credimi: quel che lasci in un pargolo non deriva quasi per nulla dai tuoi cromosomi, ma da quello che gli dai.

Ci sono altre strade, hai pensato?

Angela ha detto...

Eh lo so, Bongio, ci sono andata giù pesante. Però mi piace il "rivivisci", mi fa tornare in mente Pinocchio...

@ Single: non mi riferivo ad un'impossibilità fisica. E' la sterilità emotiva di questo tempo feroce, che castra il mio desiderio di diventare genitore.

patty ha detto...

i tuoi commenti sono troppo simpatici...

Elisa* ha detto...

Complimenti. Tornerò.

Bongio ha detto...

Grazie. E benvenuta.

Effetto Pauli ha detto...

Non c'entra niente con il contenuto del post, ma leggere il tuo blog oggi mi ha estratto un sorriso che si era nascosto proprio lontanissimo.
Baci e buona domenica.

Bongio ha detto...

Beh ma tu credi che basti scusarti, per giustifica a farmi star buono? Ma tu c'hai idea di che complimentone che mi hai appena rifilato?! Cioè, è roba che uno viene qui e succede davvero quello che recita il sottotitolo? Tacca sull'obbiettivo raggiunto, vacca miseria. Ed ora, tornando in me: grazie. (Solo che se scrivevo grazie e basta non c'era idea di quel che avevo provato).

Single a trent'anni ha detto...

Angela, se non è un problema fisico, non disperare.

Anche io inizio a disperare, la biologia con me è più clemente di quanto non lo sia con l'altra metà del cielo, ma sperare tocca quando non si può fare altro.

L'importante è non gettare il proprio figlio in mano al primo ceh capita, solo perchè può farcelo fare :)

sa30a

Annalisa ha detto...

La Paura la sento anch'io a volte.
Però ricordo un momento di tantissimi anni fa, con un'amica che avrebbe avuto il secondo figlio, o terzo, chi se lo ricorda, e io che giravo per strada con il moroso e pensavo e dicevo che era una pazza a mettere al mondo figli. Che il mondo era brutto e tetro, e soffocante e figli meglio niente.
Eppure.
Eppure i suoi figli sono ora grandi e grossi, e la paura è passata, e quando la sera mangio alla mia tavola affollata, penso che forse ce la si può fare.
E fuori dalla finestra sento strillare un neonato. E' arrabbiato. Ha fame, mi sa :-)

Bongio ha detto...

I figli sono gli occhi con cui vedremo il futuro, l'unico modo che ci è concesso di vincere nella vita. A volte viene davvero da chiedersi se meritino di vedere un mondo come questo. Ché forse, visto l'andazzo, è meglio estinguersi e punto. Solo che se poi succede come dici, e la crisi passa e uno si trova vecchio, mi sa che quando lo capisce è troppo tardi. Ci mediterò, grazie.

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