25 agosto 2009

Il sogno e la prigione


E poi ti cresce la rabbia. Come se fossi il solo, il solo, il solo a guardar da quella finestrella. Il solo in quella cabina di terza, col mondo che gozzoviglia sopra e crede che quella sia vita. Ti cresce la rabbia e non ci puoi far niente, perché sei uno spadaccino accecato, un soldato che nasconde le rughe. Non ti accorgi che gli altri si beffano di te, che ti prendono a schiaffi. Che una volta, si diceva, non gli avresti dato scampo a quel bastardo che t’ha scherzato, che l’avresti trovato e gliel’avresti fatta pagare. Ma ora no, ora sei uno come tanti, come altri matti, che adesso è meglio, è bene, è giusto andare. E ti guardano con quell’aria schifata, quasi ce l’avessi in faccia che non siete uguali. Tu glielo ripeti, glielo dici che di là è meglio, che dietro a quella finestra ci son le onde, la schiuma, il mare, il cielo e le stelle. Che una roba così non la vedi mica nella sale da ballo con le luci. Ma loro non ti ascoltano, non gli interessa. E tu ti arrabbi, ti arrabbi, ti arrabbi, perché le parole non eran quelle giuste, perché ad averlo detto meglio qualcuno sarebbe venuto. E ti trovi ancora solo, con uno spettacolo magnifico di fronte e un silenzio attorno a cui confidarlo. Ma stasera anche il silenzio ha poca voglia, non ha pazienza di ascoltare. E appena apri bocca, se ne va.

Se non l’avete ancora fatto e non siete troppo deboli di cuore, leggete “Il deserto dei tartari”. E’ una finestra che dà le vertigini, fa tremare l'anima, tanto è bella.

8 commenti:

Avvelenato ha detto...

Accidenti! Ma quanto eri ispirato!?!?!

Se io sapessi fare l'ingegnere quanto tu sai fare il letterato (e se i meri titoli non contassero come contan qui nel mondo reale del sugo al pomodoro rosso), avrei già fatto i miliardi.

rossibenedetto ha detto...

Leggendo questo tuo post mi è ritornato in mente un commento che rilasciato tempo fa su un altro sito. Lo riporto con qualche modifica:

"Ho due condanne di novant'anni da scontare. Da questa prigione non uscirò più. Ci sono entrato quando avevo ventisette anni e non avevo ancora visto la città di San Francisco. Oggi ho cinquantaquattro anni e San Francisco non l'ho ancora vista. Più precisamente non ho visto la città all'interno, ho soltanto visto un'immagine di San Francisco, un'immagine da cartolina. Dalla mia cella però non vedo niente. La San Francisco che vedo la vedo dal cortile della prigione. E' un'immagine dietro le sbarre, come la mia vita. Di San Francisco conosco soltanto un profilo, una schiera di grattacieli uno dopo l'altro, uno più alto dell'altro. Non mi giungono suoni dalla città, non so neanche se ci sia vita in città. Per me San Francisco è soltanto una confusa visione.
Quando sono arrivato qui sapevo che ci avrei passato il resto della mia vita, pensavo che non sarei riuscito a tirare troppo avanti, che non ce l'avrei fatta, eppure sono passati ventisette anni. Se ce l'ho fatta è perché forse sono quasi impazzito. Ma credo di saper distinguere ancora le cose principali della vita, anche se la mia vita ormai non è più vita. Mi avevano parlato dello scoglio da superare, quello che se lo superi cominci a vedere le cose dal punto di vista del galeotto, che ritiene normale la sua vita da carcerato. Quel momento deve essere arrivato anche per me. Oggi sono convinto di non essere io nel torto dietro le sbarre, e nemmeno i miei compagni, ma che sia tutto il resto del mondo ad essere nel torto dietro le sbarre. Noi siamo dalla parte giusta. E' San Francisco che sta dalla parte sbagliata. San Francisco è una criminale. Le guardie sono dei criminali. Non c'è posto più puro e giusto della mia cella. Ho tutto nella mia cella. Ho ancora la foto della mia famiglia e della mia casa attaccate sopra il lavandino. Anche loro dietro le sbarre con me, fuori dal mondo sbagliato. Anche loro in salvo.
E poi c'è il mare, che non fa neanche il solletico alla roccia che circonda la prigione. Spero che ci sia ancora l'acqua, perché è da ventisette anni che non lo vedo e non lo sento. Il mare mi è sempre piaciuto, ma da un po' di tempo non mi piace più perché sta dalla parte sbagliata. L'unica cosa che mi piace fuori dalla mia cella è il vento, perché il vento, in qualche modo, mi ridà quell'idea verginale di libertà che ho perso."

Bongio ha detto...

No, ma stai veramente scherzando? Dimmi che non l'hai scritta tu, quella roba (c'è quel che rilasciato che non mi fa capire se si è mangiato la ho che stava in mezzo o se semplicemente era un rilasciata che ha deciso di farsi maschio). No, perché sarei quasi pronto a sbrodolarmi per terra, a sfasciarmi in goccioline zuccherine stile gelato alla crema d'estate in un parcheggio. E' roba da far spaventare lettarati vivi e morti. Fila che nemmeno la Freccia Rossa su un rettilineo va così. E poi il mare, le sbarre, il vento: tutto così maledettamente azzeccato, così perfetto. Ci sarebbe da scriverci un romanzo.

No dai, Benni, dimmi che non sei stato tu. Sennò come faccio a rivederti? Io mi vergogno, non ti voglio più: che figura ci faccio con vicino uno così?

rossibenedetto ha detto...

Eh, vecchio mio, in effetti è vero: mi sono dimenticato ho tra che e rilasciato...
Si tratta di un commento che ho scritto sul sito del nostro amico Jon... un commento a seguito del suo articolo I grattacieli di San Francisco, ricordi? Per l'occasione l'ho leggermente modificato perché sai... il tempo passa e noi siamo sempre più esigenti con noi stessi. Mettiamola così: la versione di due anni fa era in qualche modo "scaduta", così ho cercato di riadattarla alle mie aspettative attuali, ecco. Tuttavia c'è qualcosa alla fine che non mi convince. La chiusa non è venuta come avrei voluto, ma pazienza... tra due anni magari saprò accontentarmi appieno.
Poi comunque c'è da dire che ognuno è ispirato a modo suo. Anche il tuo pezzo introduttivo è senz'altro da prendere in considerazione. Ti dirò che lì per lì mi sono chiesto se fosse uno stralcio dal libro Il deserto dei Tartari o se fosse farina del tuo sacco...

Anonimo ha detto...

A questo punto io sono molto in imbarazzo a intrufolarmi qui... il primo che scrive un post del genere, e l'altro che commenta con un commento del genere, e manca il terzo, che però lo so che sta per arrivare, è solo impagnato su un altro canale a scrivere anche lui cose sublimi... tutto quello che posso dire è che a 'sto punto "Il Deserto dei Tartari" mi tocca proprio comparlo.
Complimenti a tutti, davvero, non c'è altro da dire.
Vale

Avvelenato ha detto...

Questa mattina mi sono alzato male e mezzo incacchiato e ho dato anche della matta a mia nonna. Che lo è davvero, ma un matto non sa d'esserlo, per cui non sta bene dirglielo.
Poi sono venuto qui al pc tutto incazzoso, pronto a iniziare una giornata di merda per cercare qualcuno che mi pigli a pigliare l'uva.

E invece.

Adesso posso fare anche tutto. Tutto. Sputatemi anche addosso, fate un po' quel che vi pare.

Io sono amico del Benni. Io ho fatto conoscere il Benni al Bongio, io ho letto per primo, tra i miei compari dell'UPF, il deserto dei tartari ed ho scatenato questa furibonda bellezza. Io ho letto quel che ho appena letto e trovo il pezzo del Benni di raro pregio e del tutto destinabile ad un libro di quelli scritti bene.

Insomma, io ho visto la Grazia.

E a culo tutto il resto!
(grazie amicici)

Bongio ha detto...

Quel libro - Vale - quel libro è qualcosa di prodigioso. E' una di quelle opere con la lode. Di quelle che non solo si contentano di essere belle (e già sarebbe tanto) ma che hanno in cuor loro il disegno meraviglioso di far germinare il Bello. Ho avuto la stessa sensazione dopo aver visto il Tutto Dante di Benigni o aver ascoltato certe canzoni di De André e Guccini. E' come se ci fosse un fomentatore, fra le loro righe, qualcuno lì pronto ad aspettare solo che passi per aizzarti a scrivere, cantare, fare, brigare.

Il deserto dei Tartari è un libro di una finezza sopraffina, con quel suo costante velo di malinconia e sfuggevolezza. E' un'opera immensa, un immenso regalo all'umanità. Ma devo avvertirti, è un libro pericoloso. Potresti trovarti con le certezze sconvolte, potrebbe servirti molta forza per legger certe pagine senza commuoverti. Se sei disposta ad accettare tutto questo, allora compralo. E tienitelo caro, perché cose del genere son davvero rare, al mondo.

Bongio ha detto...

Sì Avvelenato, te lo riconosco: hai fatto qualcosa di grande. Mi hai fatto conoscere il Benni, uno che scrive robe come quelle là sopra, mi hai fatto conoscer Guccini (anche se parlavi strano e io non ti capivo), mi hai messo la pulce del Deserto dei Tartari. Hai un intuito eccellente, non c'è che dire. Per cui non ti preoccupare, se non trovi lavoro in una o due settimane: sei capace di cose prodigiose, avrai modo di dimostrarlo. E se la carriera di giornalista non va, potrai sempre fare il Procuratore del Bello (che oggi, si sa, anche se non vuol dir niente, se la sai raccontar bene fai soldi anche con quello). E niente, perciò ti direi anche un bel grazie di esistere.

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