16 agosto 2009

Di solito ho da far cose più serie


Però mi piace sta cosa del mantenermi vivo. Certo, forse il Guccio la intendeva col semplice fatto di restare in vita, quasi fosse questione di volontà.

Mantenermi vivo per me vuol dire raggiungere traguardi, arrivare ai paletti conficcati nel futuro. Per un soldato può significare tornare a casa, per un calciatore giocare la Coppa del Mondo. Quando ho fatto l'esame di Stato ho passato un mese di paranoia. Le prove erano a due settimane una dall'altra, attorno al picco dell'influenza. Mancare a una significava rifarle tutte, perder la possibilità della sessione buona e ripagare l'iscrizione. Mi convincevo che non avrei dovuto ammalarmi, che sarei dovuto restar vivo e prestante fino all'ultimo. Dopo mi sarei pure concesso il lusso di fottermi, spappolarmi sotto un regionale di passaggio o via dicendo. Ma lì no. Solo che.

Solo che fosse così sarebbe fin troppo facile. Il bello del mantenersi vivi non è arrivare a quel che già si sa, ma a quello che ancora non si sa. Alla moglie che ancora zonza per il mondo con la testa in aria, all'assunzione che arriverà, agli amici che ci saranno e a chi ancora deve nascere. Ecco, credo che mantenersi vivi sotto queste ragioni sia il miglior omaggio all'ottimismo che uno possa fare. Poi, vedete voi.

6 commenti:

avvelenato ha detto...

Io spero tanto che tra questi amici che ci saranno, uno già sia tu.

E' vero, amico Bongio: manteniamoci vivi per quello che verrà, così come ha fatto quel castagno. E pazienza se certe persone ti guardano un po' così e poi sfanculano, come se questo non fosse stato un fottutissimo giorno importante.

Bongio ha detto...

Già, il castagno. Gran bel pezzo di poesia senza verso. Meriterebbe da solo un post fatto apposta per lui. Mi auguro davvero che la nostra amicizia duri almeno quanto la vita di quel castagno.

jon ha detto...

Gran belle osservazioni, mi è piaciuto leggere quello che hai scritto. E poi, se i paletti fossero già stabiliti.. fi che noia! Sarebbe demotivante per me. Non ho capito bene una cosa però. Nella seconda parte ti riferisci a quello che non "si sa", ma invece fai esempio di quello che non "si ha" (al momento). Ho capito male? Quello che non "si sa", non si può nemmeno scrivere, nemmeno intuire, per definizione! No?

Continua così sto diventando un tuo fan :)

Jon

Bongio ha detto...

Ahahah, grande Jonny! Pensa, con te il fan club raggiungerebbe la quota di ben 1 iscritto! In effetti hai ragione, quella parte potrebbe interpretarsi anche come camminamento verso quel che non si ha. Solo che se la vedessi così ti toglieresti metà del sogno, sarebbe come dire "so già che questa cosa dovrà avvenire, ma non so come e quando. Non so che volto avrà mia moglie, o cosa diranno i miei amici nelle serate assieme, ma son sicuro che ci saranno". Il non si sa ti lascia più nel vago, è come dire che speri in qualcosa, ma che non sai se avverrà sul serio. E' sottile, come differenza, lo so, e non son nemmeno sicuro di esser riuscito a spiegarla bene.

Comunque era un'osservazione molto fine, si vede che hai la mente abituata al ragionamento. Potresti essere un ottimo autore di blog, se volessi.

Anonimo ha detto...

All'espressione "mantenersi vivi" non ho mai associato una buona sensaione... mi è sempre suonata come un rassegnato "sopravvivere", ma mi pare di capire che tu invece non la intenda così. Solo che vivere per me non è neanche raggiungere dei paletti... lo trovo altamente rischioso: e se il paletto, per mille ragioni, non lo si raggiungesse? Forse il mio vivere perderebbe di valore? Non so, ho un po' di confusione in testa in merito.
Vale

Bongio ha detto...

Ma nient'affatto. Il bello di vivere per paletti incogniti sta proprio nella speranza, del non sapere se quello che non hai è lì a due passi o distantissimo. Esistere o meno è irrilevante, se c'è l'attesa a insaporirti il sugo. Quindi non preoccuparti per quel che non hai: di tempo per pentirti d'aver rincorso utopie ce ne sarà anche troppo, dopo la vita.

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