17 aprile 2009

La locanda della lira


(Scritta in occasione del gioco "Doppio senso").

La ricordi quella strada, che dicevano "del sale",
dietro ai passi rassegnati per il pane a qualche Lira,
quel sentiero stropicciato che dal ponte piega e sale
dipingendo sopra i faggi la "Locanda della lira"?

Come merli rinfrancati dal calore di una stufa,
ci fermammo a pasteggiare a polenta, vino e riso,
aleggiando sulle tracce di un passato che non stufa
fra bicchieri prosciugati da speranze, sogni e riso.

Hai memoria di quel vecchio dalle gote color pesca,
dei suoi viaggi straordinari come servo della corte,
della vita sopra ai mari a campar di sola pesca,
delle terre luccicanti con le aurore e le ore corte?

Già il mattino s'appiccava come fiamma nelle lenti
tinteggiando lo stanzone con il fuoco delle gemme,
la rugiada s'ammollava dietro arpeggi laschi e lenti
rinnovando la vallata di colori, fiori e gemme.

Era bello ripartire dentro a un oggi senza fine
bivaccando sulle rotte senza incroci e senza verso,
trasportando quelle voci come sabbia d'oro fine
come luci nel domani per un canto, un ballo, un verso.

4 commenti:

cyrano82 ha detto...

Mmmmmhh..bongino. Ci sono rare tracce di bellezza, sparse un po' qui e là. Il mattino che s'appiccava è roba da fermarsi per qualche settimana, per esempio.

Ma a parte quello.

Credo che proprio il must di ripetere le parole tali e quali, la cosiddetta rima equivoca, crei un esito tutto sommato confuso, a tratti quasi fastidioso.

Però è tipico del ronditto sperimentare.

Per cui mi aspetto, da un secondo all'altro, di vederti sfrecciare fuori dalla mia finestra. E sono sicuro che non sarà per qualche calcio nel culo recepito qua e là, in giro per la tua vita.

Go on!!

Grilletto81 ha detto...

Probabilmente è vero: la rima equivoca non è granché per costruire un racconto in versi. Ma del resto, la disposizione era quella, e a quella mi sono attenuto. Si sperimenta, dopo tutto. Una cosa mi premerebbe, se non ti spiace: si coglie la musicalità? Con versi di una certa dimensione (oltretutto a rime alternate) c'è il rischio di sedersi, non leggere la riga di botto, perdere il ritmo.
Non ho molto chiaro cosa sia il ronditto e perché dovrei sfrecciare fuori dalla tua finestra, ma tutto sommato sono dettagli di poca importanza.

rossibenedetto ha detto...

Ti dirò che tutto sommato i suoni non si disperdono. Sì, mi sembra che l'eco resista giusto il tempo d'andare a capo e arrivare alla fine del verso successivo. Probabilmente per merito del ritmo, della scorrevolezza del verso. Insomma, credo ti sia scappata un'altra bella composizione, Grilletto. Certo, hai fatto di meglio, e te lo dico per spronarti. Piacevole l'atmosfera che evochi; a sprazzi si gode pure di qualche espressione davvero interessante. Oltre a quella che ha segnalato un'altro grande poeta d'ultima generazione (cyrano), io segnalerei "la rugiada s'ammollava dietro arpeggi laschi e lenti": non so se saprei fare una parafrasi puntuale di tale verso, no so se ho ben compreso quel che significa, so soltanto che mi piace (il perché sarebbe superfluo capirlo, com'è superfluo capire quale sia l'effettivo motivo per cui mi piace il cioccolato, ad esempio).

Per il resto è inequivocabile che giocare con le rime equivoche non sia granché spettacolare.

Grilletto81 ha detto...

Le critiche, quando costruttive, non sono affatto sgradite, anzi richieste. Credo siano ingredienti fondamentali per il miglioramento.Mi fa piacere che la musicalità si sia conservata: avendo restrizioni sulle parole finali, le uniche cose con cui me la potevo giocare erano la trama e la scorrevolezza del verso. E ti dirò che è stato un ottimo esercizio mentale. Un po' come suonare con una chitarra a cui è appena saltata una corda, o quella volta che Villeneuve girò poggiando solo su tre ruote (abuso di questo spazio, ma è per omaggiare un grande): http://www.youtube.com/watch?v=gNJ-1frbzZA. In effetti il verso sulla rugiada non è immediato: ho tentato di immaginare i rintocchi delle gocce sulle grondaie, e ho pensato che somigliassero terribilmente al suono di un'arpa pizzicata dolcemente.

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