09 maggio 2008

Il burlone


Siòr dottore come faccio? Io c’ho il mal del mascalzone.
Sembro un corvo con il laccio, non resisto all’occasione.
Portatore poco sano di una peste impenitente,
nel paese son sultano delle burle sulla gente.

Alla fiera alimentare per addetti del settore
fingo di rappresentare Gino, il gran ristoratore.
Chiedo di recapitargli, allegando la cambiale,
frutta secca in vari tagli e di mostarda un bel quintale.

Alla naja, in sorveglianza, per portare via un matto
ricevetti un’ambulanza e un compare un po’ distratto.
Caricato il paziente e legatolo al piantone
spinsi dentro anche il sergente e richiusi il portellone.

Era tanto scatenato che arrivati all’ospedale
dissi che oltre al concordato c’era un ospite speciale.
Per sedare quel lamento oltraggioso e arrogante
suggerii un trattamento con quell’olio in stil purgante.

“Raggirato professore con un foglio a trabocchetto:
la sua bici da amatore è ostaggio di un lucchetto.
Per la sua combinazione è costretto a calcolare
l’intricata soluzione di un problema nucleare”

Il rimorso è un accessorio che, da vero bontempone,
vendo all’asta in Purgatorio per i saldi di stagione.
Senza patria e documenti (stato: celibe, villano)
suono arie a due strumenti, il campanello e il deretano.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Il fascino di Arlecchino per me è ineguagliabile. L'uomo vestito di fantasia...
Ho notato che hai raddoppiato la lunghezza dei versi, ma la resa finale non cambia: è sempre un piacere leggere l'impresa del burlone.

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