01 novembre 2009

Professor Tabacchi


«Quel bambino mi farà impazzire. E' da quando è arrivato che non fa altro che correre e violentare i miei timpani. Certi demòni andrebbero soppressi da neonati, ecco. Una possibilità e via, se non la prendi zac! ritenta alla prossima vita.»

Così sbottava il professor Tabacchi, strizzando il mozzicone nel posacenere. Erano anni che sedeva a quel tavolo, da anni sempre lo stesso. Anche se nessuno metteva il biglietto, anche se nessuno telefonava in tempo, tutti quanti sapevano che alla domenica quel tavolo era suo. Da lì sentiva meglio la partita, diceva. Non c'era cameriere che lo contraddicesse, nessuno che gli dicesse che la radio era stata pensionata da tempo e che ora la partita la si sentiva in hi-fi. Lui, storico cliente, puntuale bevitore e verace bestemmiatore, lui presenza fissa nel bar al pari della carta da parati e del vecchio bancone.

Ancora lo ricordo, in quella domenica maledetta quando il Parisi perse lo scudetto, a dimenarsi sulla sedia, e dar contro ora all'arbitro ora al bambino. Ricordo quel che mi disse, quando lo incontrai uscendo. Gli obiettai di esser stato troppo duro, che la sconfitta non era scusa buona per trattare il bambino a quel modo. Ma lui «Ragazzo» attaccò «Credo che il mondo si divida in chi fa le azioni e chi le subisce. Metti che uno voglia dormire, ma che al piano di sopra ci sia una festa. Quello non chiuderà occhio finché tutto non è finito, capisci?» Poi, continuando «Il silenzio non lo compri, ragazzo. Non puoi andare dal panettiere e pagarlo a peso. Il silenzio lo puoi chiedere ma non imporre. E' qualcosa di più importante del rumore, ma anche più debole. Credo che la grandezza dell'uomo non stia nel fare le cose, quanto nell'astenersi dal farle».

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La condivido l'ultima battuta del Tabacchi...

Eh, «Ragazzo» mi ha fatto ritornare in mente quel mini dialogo fra il vecchio falegname e il giovane amico apprendista che avevo pubblicato su "Appunti esistenziali" durante la prima era...

rossibenedetto

Bongio ha detto...

Lo ricordo quel dialogo, è uno dei miei preferiti della prima era. "La vita è una vite che non si svita" (o giù di lì), diceva il vecchio falegname. Peccato che una chicca del genere non sia più online, mi sarebbe piaciuto rileggerla in diretta.

Anonimo ha detto...

Beh, a dire il vero il falegname non dice così...

Dice... (non me lo ricordo più...)

rossibenedetto

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