04 luglio 2009

De potentibus (ovvero, sulle potenzialità)


Atto secondo - Le potenzialità invisibili

Un'impresa sconosciuta vale tanto uguale? No, voglio dire: mettiamo che sappiate fare qualcosa di veramente eccezionale, in cui siete imbattibili, spettacolari, emozionanti, e che siate consci che è tanta roba. Ma facciamo anche che questa dote, per un motivo o per l'altro, non la conosca o non interessi a nessuno. Vale tanto uguale?

Certo, mi rendo conto che c'è molta gente famosa e brava, molta famosa pur non essendo brava, e molta che meriterebbe di più e invece non se la fila nessuno. Tipo, se un De André fosse nato in un villaggio del Guatemala o un Baggio andasse palleggiando fra le montagne del Tibet, quanto varrebbero le loro imprese se le capissero solo due scassagatti? Si rischierebbe un mondo senza capaci, o senza capaci più capaci di quelli che si crede capaci. Senza gente che alzi il livello, insomma. Certo, andrebbe bene tant'uguale, come la vita di chi non ha mai ascoltato De Andrè o visto giocar Baggio. Però non sarebbe giusto. E allora che si fa? Ci si fa pubblicità? Non è etico. Si lascia che la gente ci scopra da sè? E se poi non ci scopre? Magari c'è chi ci campa, su quello. Certo, obietterete, chi ha talento salta sempre fuori. Solo che si rischia che sia troppo tardi e serva a poco. Io la fine del Paolo Uccello non la auguro a nessuno, tantomeno ai bravi. Poi, vedete un po' voi.

9 commenti:

Avvelenato ha detto...

Premetto che avrei dovuto sapere della fine di Paolo Uccello, ma siccome ho litigato con la prof.ssa di arte perché diceva che a me l'arte non piace solo perché sono ignorante e che l'arte non può non piacere a chi è colto, non la so. Si capisce? Se non capite sono problemi vostri: io in qualche modo l'ho detto.

Detto questo, mi pare che una vita senza ascoltare De André o aver visto Roberto Baggio, non sia vera vita. Non solo perché loro sono due dannati acquari come il sottoscritto. Solo che è così. Le potenzialità sono potenzialità come le rondini sono le rondini. Ad ognuno il suo diverso grado di consistenza, di efficacia. Credo che chi ha davvero dei talenti, deve comprendere tra questi anche la capacità di erigere tutta la complessa infrastruttura per portare alla luce, alla superficie, la materia preziosa. Facciamo finta che il talento sia petrolio, ok? Già nel sottosuolo che nessuno lo vede. A questo punto il grande deve essere tanto grande da erigere tutto il sistema-pozzo, per farlo zampillare alla facciazza di tutti, così che finalmente si possa dire "ooooohhhhh", come i bambini davanti alla neve.

Grilletto81 ha detto...

Eh ma non è mica facile, sai? A parole si fa presto, ma poi? O uno va in giro a tappezzare la città di cartelloni con scritto "Ehi, se volete uno bravo chiamate me" o sennò, come al solito, va dannatamente a fortuna. Il fatto di trovarsi al posto giusto al momento giusto, o roba del genere. Ancora una volta mi vien da pensare che interessarsi a tutto, parlare, chiedere, informarsi, abbia una valenza che va oltre all'accrescimento personale. Quanta più gente conosci, tanto più puoi farti conoscere, capito che intendo?

Vivere senza De Andrè o Baggio? Non lo so, magari si può fare. Tu parli col vizio di un giudizio a posteriori. Bisognerebbe chiedere a qualcuno che che si ricorda com'era la vita prima di conoscer il suo idolo. Ad esempio, dici che non lo troviamo un Baggiano convinto con così tanta memoria?

Avvelenato ha detto...

Io ho conosciuto De André nel '99, a 17 anni, quindi. Per cui ricordo anche la vita a.D. Devo dire che non era la stessa cosa. No, non era la stessa cosa.

Grilletto81 ha detto...

Ahahah! Gran cosa, amico mio. Gran cosa, quella dell'a.D. Go on!

rossibenedetto ha detto...

Premetto che non saprei che dire, ma siccome non voglio rischiare di rimanere fuori dai giuochi, qualcosa dirò.
Per quanto mi riguarda, dopo il ritiro di Roberto Baggio da Caldogno, il calcio è ritornato ad essere soltanto un sport, a volte sporco. Ma sono troppo di parte. Posso soltanto dire che oggi come oggi mi rendo benissimo conto di quello che mi sarei perso, che ci saremmo persi. Ho capito l'importanza del talento, soprattutto per gli altri, per quelli che guardano o ascoltano (riferendomi implicitamente a De André). Quando Baggio si infortunava ero dispiaciuto soprattutto per me. Ma credo anche che il talento sia solo una frazione del successo, del palcoscenico, della ribalta. Per arrivare ad un intero, cioè... perché il talento dia i suoi frutti, occorrono tante altre cose, tante altre qualità e caratteristiche. Il soggetto in questione deve prima di tutto prenderne coscienza e poi fare in modo che la propria potenzialità si concretizzi, ma non vorrei scoprire l'acqua calda.

La mia vita prima di essermi calcisticamente infatuato di Baggio? Beh, ad esempio nelle partite di calcetto - che non giocavo - non sarei mai riuscito a segnare su calcio d'angolo. Nel 2001, durante il torneo di Scienze ambientali a Parma, la mia squadra di calcetto non si sarebbe mai qualificata alla finale se non fosse stato per un mio goal direttamente da calcio d'angolo, giustappunto. Baggio, per me, è stato un rivoluzionario, è stato fin da subito il promotore di un'atipica rivoluzione, la rivoluzione della fantasia.

Tu! Sì, dico a te! Se credi di avere un talento, sii altruista!

Grilletto81 ha detto...

E per fortuna che non avevi nulla da dire, eh? Credo che tu abbia detto una gran cosa, là in ultimo. L'hai fatto quasi in sordina, come se te ne vergognassi, e invece è proprio tanta roba. Forse i bravi esistono davvero per render felice la gente, per far capire che se uno ha dote e la impiega bene può tirar fuori grandi cose. Prendi De Andrè, per esempio. Uno che stupisce anche dopo morto, e così tanti altri come lui. Prova a pensare a quanto è stato felice lui a leggersi e a quanti ha reso e renderà felici: hai idea di che ordine sia l'uno su enne di cui stiamo parlando?

asintoto ha detto...

Anch'io dovrei premettere che non saprei cosa dire, perchè veramente non saprei cosa dire, perchè ai punti di domanda del post non so dare risposta.
Sull'altruismo sono davvero d'accordo, perchè sarebbe davvero questo: altruismo. Un regalo al mondo. Che indubbiamente fa del talentuoso una persona ancora migliore, ma non è un obbligo, proprio perchè il talentuoso è comunque una persona umana, e in quanto persona umana può sottovalutarsi, può avere paura del placoscenico (e gliela si può forse rinfacciare?) eccetera eccetera...

Questione difficile, comunque. Bravo a chi l'ha proposta.

segreteria.slmz ha detto...

E' una responsabilità della scuola far conoscere al bambino le arti, è un dovere civile dei cittadini preoccuparsi della scuola, è un'onore, per un maestro, allevare un allievo di talento, come lo è per l'allievo avere un grande maestro.
Direi che si dovrebbe partire dal senso del rispetto per le capacità altrui, ed essere orgogliosi, per chi non ha talenti, se può aiutare chi ne ha, sentendosi però onorato e ringraziato adeguatamente per quell'aiuto.
Secondo me questo sarebbe civile, e anche molto bello sul piano etico.
Sul perchè sia invalsa l'abitudine di concentrare attenzione su un gruppo ristretto di arti e mestieri, ascolterei volentieri il parere di uno storico, o di un anziano osservatore.
Grazie per aver introdotto il tema.

Grilletto81 ha detto...

Trovo che l'umiltà e l'altruismo siano risvolti interessanti, a cui nemmeno avevo pensato. Saper riconoscere l'altrui bravura è, come sottolinea, una grande prova di cultura, un'opportunità offertaci per dimostrare intelligenza. Purtroppo il mondo non è sempre riconoscente con chi merita, credo sia per questo che esistono arti di serie B. Occuparci della scuola come dovere morale è un'osservazione quantomai acuta e un'ottimo rilancio alla meditazione: trovo che le sue parole siano qualcosa che va ben oltre a quattro soldi di civiltà. Non è da tutti, complimenti.

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