Non so se sia per l'odore acre del fumo o quello più delicato dei caffè. Non so se sia per l'aroma asprigno del vino o quello più duro di chi lo beve. Sta di fatto che i bar hanno un odore proprio. Esattamente come le persone e le cose.
Parlo di bar di vecchia generazione, quelli coi signori di mezza età che ti squadrano dalle paglie di Vienna, dove ancora si gioca al totocalcio e si parla rigorosamente il dialetto locale. I bar nuovi non ce l'hanno, quell'odore: profumano di nuovo, di plastica e di celophanne, di tecnologia e suoni elettronici. Niente a che vedere con quella fragranza dolciastra, che ti lascia un gusto finale di amaro e t'impregna i vestiti anche dopo che sei uscito. Dev'esser qualcosa che matura col tempo e l'usura, fra le tazze di cioccolata rovesciate sul bancone e le sigarette fumate sui videogiochi. Ce l'aveva anche il bar SanMarco quell'odore. Già, il Bar Sanmarco. Dove si andava a comprare il CalippoFizz alla Cocacola con le duecento lire ragranellate per casa. E dove si giocava ai primi Fifa, che ti lasciavano vincere la prima partita per poi diventare impossibili e succhiarti una ricchezza a suon di monetine. Ce l'aveva anche lui, e per conto mio quell'odore era solo il suo e di nessun'altra cosa al mondo. Sapeva d'estate e di corse in bicicletta, di guerre ai gavettoni e cornetti indigesti.
Da qualche anno il vecchio SanMarco ha cambiato gestione, l'hanno rilevato due ragazzi. Ci passo davanti tutte le mattine, per andare al lavoro. Il vecchio banco sempre bisunto, il tavolo da bigliardo sdrucito, i tavolini di marmo scuro non ci son più, se ne sono andati. E con loro l'odore dolciastro. Ma ho scoperto che quell'aroma, come i migliori tesori di famiglia, non va perduto, viene passato in eredità. Questa mattina, pedalando davanti al Madison, l'ho sentito di nuovo. E dentro alla vetrina, i soliti signori diversi ma uguali, le solite sigarette nonostante il divieto, le solite care vecchie chiacchiere. Cose che puoi trovare ancora solo in un bar che ancora è un bar, un bar come quelli di una volta. Insomma, un bar come il vecchio bar SanMarco.
Parlo di bar di vecchia generazione, quelli coi signori di mezza età che ti squadrano dalle paglie di Vienna, dove ancora si gioca al totocalcio e si parla rigorosamente il dialetto locale. I bar nuovi non ce l'hanno, quell'odore: profumano di nuovo, di plastica e di celophanne, di tecnologia e suoni elettronici. Niente a che vedere con quella fragranza dolciastra, che ti lascia un gusto finale di amaro e t'impregna i vestiti anche dopo che sei uscito. Dev'esser qualcosa che matura col tempo e l'usura, fra le tazze di cioccolata rovesciate sul bancone e le sigarette fumate sui videogiochi. Ce l'aveva anche il bar SanMarco quell'odore. Già, il Bar Sanmarco. Dove si andava a comprare il CalippoFizz alla Cocacola con le duecento lire ragranellate per casa. E dove si giocava ai primi Fifa, che ti lasciavano vincere la prima partita per poi diventare impossibili e succhiarti una ricchezza a suon di monetine. Ce l'aveva anche lui, e per conto mio quell'odore era solo il suo e di nessun'altra cosa al mondo. Sapeva d'estate e di corse in bicicletta, di guerre ai gavettoni e cornetti indigesti.
Da qualche anno il vecchio SanMarco ha cambiato gestione, l'hanno rilevato due ragazzi. Ci passo davanti tutte le mattine, per andare al lavoro. Il vecchio banco sempre bisunto, il tavolo da bigliardo sdrucito, i tavolini di marmo scuro non ci son più, se ne sono andati. E con loro l'odore dolciastro. Ma ho scoperto che quell'aroma, come i migliori tesori di famiglia, non va perduto, viene passato in eredità. Questa mattina, pedalando davanti al Madison, l'ho sentito di nuovo. E dentro alla vetrina, i soliti signori diversi ma uguali, le solite sigarette nonostante il divieto, le solite care vecchie chiacchiere. Cose che puoi trovare ancora solo in un bar che ancora è un bar, un bar come quelli di una volta. Insomma, un bar come il vecchio bar SanMarco.
8 commenti:
M'hai fatto venire in mente il vecchio bar del mio paesino... Beh, credo che la vera svolta sia stata il divieto di fumare. Forse il fumo non era fumo e basta, ma fumo che "sorbiva" ogni intenso-indefinito odore, conferendo così un'anima al bar. Sui bar hanno composto diverse canzoni: Il "Roxy bar" di Vasco Rossi, Il "bar Mario" di Ligabue, Il "Joker bar" di Gianluca Grignani, eccetera. Prossimamente qualche nostalgico cantautore potrebbe scrivere "Bello senz'anima"...
rossibenedetto
Sembra una vecchia fotografia in bianco e nero, questa tua pagina. Ps: aroma è sostantivo maschile.
Grazie per la precisazione, correzione effettuata.
Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta (ma la gente che c'andava a bere fuori e dentro è tutta morta) Salve, amici vicini e lontani. Come sapete a me il bar non piace proprio come istituzione. E se mi dite Sammarco, io penso a quello della Samp. Sarà grave? Però bello stile, Grilletto, bello stile, cazzo!
Parole Sante , non c'è nulla da aggiungere . Bravo bongio !
quì si è in attesa del nuovo post...ci vogliamo sbrigare... :-)
si, è vero, anche nel mio paese c'era un BAR dove si raccontavano le vecchie storie , magari tiepidi ricordi di giovinezza,ma vere storie dei vecchietti seduti su quelle buffe sedie, una diversa dall'altra, con le gambe accavallate, gomito appoggiato allo schienale, girati in un modo strano come se dovessero cadere all'improvviso...quando i momenti trascorsi al bar, profumavano ancora di semplicità...
L'acqua tonica era ancora più buona in questi posti :-)
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