09 novembre 2011

Un volantinaio, un uomo


Alì camminava lento. I temporali avevano concesso una tregua, e il sole si affacciava malato fra le nuvole e le nebbie di novembre. Non faceva freddo, non ne aveva mai fatto a dire il vero. Alì aveva scelto il suo maglione preferito, quello bianco e azzurro, e si era messo in cammino di buon'ora. La cuffia di Dumas gli teneva caldo, e gli concedeva calma e sicurezza. La strada vicina rombava di tir e gas di scarico, e tutti sembravano avere una fretta innaturale. Alì si voltò. Scelse un volantino e lo infilò con cura nella cassetta del condominio. Era una bella zona quella, per essere indiani. La comunità godeva di buona reputazione, e Alì non aveva faticato a trovare un lavoro. Il supermercato si era affidato alle consegne manuali e a lui era toccata la zona della Galena, vicino alla stazione. Un paio di quartieri per un paio di euro l'ora.

Safira lo fissava con quegli occhi nocciola, quegli occhi che lui non riusciva a guardare e a cui avrebbe regalato un futuro, un giorno. L'aveva abbracciata prima di uscire, la mattina, quando le aveva domandato lo zainetto per portare i volantini. Si sentiva goffo con quel cuore rosso sulle spalle. Goffo e senza dignità. Lo aveva detto a Magda, una volta. Molti dei suoi amici si erano sistemati e giravano in motorino. La dignità di un uomo si misura in quello che fa, gli aveva risposto lei, prendendogli il viso fra le mani.

Alì si strinse nel maglione e riprese a camminare. Ancora poche vie e avrebbe finito il giro.

9 commenti:

Rita ha detto...

bellissimo spaccato di realtà..
leggendolo sembra di poter provare gli stessi sentimenti del protagonista..

Bongio ha detto...

Mi piacerebbe "saper leggere il libro del mondo" con gli occhi dei miei personaggi. A volte ci riesco, altre meno. Credo sia anche questa la ragione di un successo o insuccesso di un post.

Rita ha detto...

non condivido.. o almeno non del tutto.. ci sono esempi di cose belle che piacciono e altre volte no e ci sono controesempi in cui le cose brutte non piacciano e altrevolte "purtroppo" si.. il successo non dipende solo dallo scrivente ma anche dai gusti, attitudini e sensazioni momentanee del ricevente nel momento in cui legge.. troppe variabili per rendere il successo pura matematica!

Anonimo ha detto...

Dirò la mia in attesa di poter dire nel senso stretto del termine per manifesta conflittualità con le tastiere del mondo, oramai.

questo è un testo che si presenta come racconto, e come tale forse dovrebbe essere infarcito un po' di più per rendersi interessante e/o convincente (non parti fini a se stesse ma effettivamente integrative). potrebbe mancare quel qualcosa che fa scattare la scintilla e coinvolge il lettore. Se penso ad un testo del genere ne sarei più colpito da ciò che dovrebbe essere piuttosto che da quello che è.

Non so, l'ho sparata lì.

rossib.

la povna ha detto...

Del tutto OT, ma da oggi sono qui: http://nemoinslumberland.wordpress.com/

Ti aspetto!

Bongio ha detto...

E' un punto di vista interessante, vecchio mio. Come giustamente osservi, questi non sono racconti, ma stralci di probabili racconti. La cosa, devo ammettere, è fatta un po' apposta. In modo che chi legge si trovi catapultato in una realtà in cui tutto non è dichiarato (non si sa chi siano i personaggi, cosa facciano, da dove vengano), e che in questo modo possa costruire, immaginare, inventare prologhi e epiloghi.

Anonimo ha detto...

Capisco Bongio, forse è proprio questo carattere atipico che può in certi casi spiazzare un po' il lettore, perché probabilmnte è consapevole di essersi cimentato nella lettura di un racconto che però non è racconto a tutto tondo. lungo o corto che sia, deve pur esserci un inizo, uno svolgimento e una fine, altrimenti tanto vale scrivere 4 o 5 righe anziché 17 (come nel tuo caso) se si tratta di coninvolgere il lettore in una full immersion improvvisa senza capo né coda. ma non vorrei indurti nella tentazione di buttare lì due o tre righe come fossere uno stralcio, per l'appunto, con tanto di citazione come facevo io perché ti andresti ad impantanare in qualche cosa di estremamente inusuale che tradisce quasi sempre le aspettative del lettore.

Ai lettori non bisogna chiedere troppo, soprattutto non bisogna chiedere di inventare una storia partendo da uno spunto. al massimo, se si sentono coinvolti, possono immaginarsi personaggio-spettatore aggiuntivo nello scenario di un racconto. Questo è quel che penso io, poi non so.

rossib.

Bongio ha detto...

Certo, ho capito perfettamente cosa intendi. Ci farò un pensiero per i prossimi brani. Grazie, i tuoi commenti sono sempre molto costruttivi.

Rita ha detto...

sono d'accordo che pretendere che i lettori diventino i prosecutori della storia forse è chiedere troppo.. ma credo che queste 17 righe potrebbero essere benissimo l'inizio di un romanzo.. è uno stile che ho già visto e che non disdegno

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