14 dicembre 2009

Il resto è colla


Un giorno ho visto un volantino. Di quelli che gli amici attaccano per strada quando ti sposi. Lo scotch aveva perso forza e le auto e il maltempo lo avevano ingrigito. La data parlava di storie andate e antiche utilità. Solo che noi, pensavo, noi ci si ferma alle facciate, ai colori e alle scritte. Al palo e al manifesto, insomma. Noi si trascura il collante, l'insieme complementare. Quello che unisce e valorizza. Si sta in case di mattoni e non anche (soprattutto) cemento, stringendo mani che sono solo mani se non c'è l'amicizia. Sa d'ingiustizia, direi, per una colla che è, se non tutto, quantomeno tutto il resto.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che sia tutta colpa del tempo abitudinario, della vita ordinaria. Responsabili di aridità interiori che intaccano i nostri animi. L'antidoto è una rivoluzione, generica o particolare, casuale o escogitata, oppure qualcosa con cui poterci regolare per risintonizzare le nostre disposizioni d'animo.

rossibenedetto (più gasato che mai)

Bongio ha detto...

E' possibile, anche se penso non si possa trascurare la distrazione indotta, l'inevitabile disattenzione subita dal contorno quando le parti attirano di più. Lo trovo un peccato. Si finisce per avere una visione parziale e probabilmente meno appagante della realtà. (Ehi, ma non sarò mica stato io a gasarti eh? La cosa mi renderebbe assai metanodottico...)

Anonimo ha detto...

No, probabilmente mi stava girando del gas nel cervello, visto il commento notevolmente astratto-insulso... un commento che non dirà mai quello che avrei voluto dire, ma pazienza, la vita è bella o brutta ugualmente.

(sono quello dell'ultimo piano)

Avvelenato ha detto...

Io, non so come mai, ma vorrei dire una cosa. O meglio: vorrei dire che cosa diceva Aristotele. Beh, Aristotele (mi pare) diceva che il tutto è sempre maggiore della somma delle parti, (a parte che non so se quissù funzionano i tags html) ergo c'è come qualcosa che tiene insieme le cose. Come una colla che nessuno si fila. Mettiamo per esempio di prendere una personcina, nemmeno troppo orribile, e di tagliarla tutta a pezzettini (e pazienza se De André direbbe che se ti tagliassero a pezzetti, il vento li raccoglierebbe e il regno dei ragni cucirebbe la pelle), dicevo, mettiamo che la tagliamo tutta a pezzettini. Poi li prendiamo, stando attenti che nessuno si perda, e li mettiamo ancora tutti insieme. Credo che sia molto difficile, a quel punto, che la persona torni in qualche modo ad essere viva e a parlare saltare quelle cose lì. Questo perché nell'opera di decostruzione e ricostruzione, ancorché fedele secondo le nostre possibilità, qualcosa si è perso. Si è perso quell'afflato vitale che la animava, si è perso lo spirito. Si è persa tutta quella colla che nessuno mai si fila.

Bongio ha detto...

E' quello che in teoria dell'informazione si chiama, credo, statistica non sufficiente, e che una decina d'anni fa succedeva quando ti copiavi i cd sulle musicassette. Essendo la cassetta un po' scarsotta, qualche bittino andava perso e la musica si sentiva peggio. E ci fosse stato il modo per recuperarli, quei cavolo di dati! A sentirla nel mangianastri, la musica suonava così anonima: e la batteria, la chitarra, il basso e la voce stavano ancora tutte là, eh?
Solo che, a sapere che certe cose le aveva già dette Aristotele, io mica mi ci mettevo a fargli il verso. Qualunque cosa pensi finisce sempre che arrivi per secondo, se non di più. Dici che basterà una vita per mettersi in pari e iniziare a vivere con dignità?

asintoto ha detto...

Oltre ad Aristotele e De Andrè, ci si mette pure la termodinamica, a dire che una volta che l'entropia è aumentata hai voglia di tornare indietro!
;)

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